La
belladonna è il prototipo di fitoterapico eroico. Essa è una pianta ad azione
forte, che si deve dosare con cura e con la quale le grosse dosi possono anche
essere dannose. Il suo opposto è più o meno la camomilla, che è il prototipo
del fitoterapico leggero; di nuovo dobbiamo sottolineare che la connotazione
"leggero" non significa che l'azione è ridotta, più o meno in senso
di un placebo. Si intende molto meglio, che si tratta di un medicamento
largamente innocuo e ottimamente tollerabile, con il quale l'impiego usuale non
comporta alcun pericolo. Quindi nelle patologie dello stomaco camomilla e
belladonna stanno ai due poli opposti, allo stesso modo in cui si fronteggiano
nelle patologie cardiocircolatorie Crataegus, come fitoterapico mite, e
Digitalis come fitoterapico forte.
Nel
mezzo ci sono poi una serie di intermedi tra "leggero" e
"forte". Nelle malattie dello stomaco sono più o meno la liquirizia e
l'assenzio. Entrambi sono innocui alle dosi consuete, ma hanno comunque
un'azione più forte di quella della camomilla e della menta piperita. In dosi
troppo elevate o con una somministrazione prolungata essi possono portare anche
a dei danni, che non sono gravi, ma comunque fastidiosi e sgradevoli.
La belladonna è una pianta autoctona, Atropa belladonna, che
cresce nelle foreste montane della Germania allo stato spontaneo. Raggiunge
un'altezza di 1-2 m e sembra un arbusto, ma non lo è. I fiori sono poco
attraenti, viola-marroncini e campanulati. Molto più vistosa è la lucida bacca
nera. Essa è velenosa in alto grado; poche bastano per
provocare intossicazioni gravi. Dopo l'ingestione si determina uno stato di
eccitazione con rossore profuso del volto e confusione; da ciò il nome ciliegia
della pazzia. Come droga sono in primo piano le foglie, Folia Belladonnae. Il
principio attivo principale è \'atropina. Ciò ha portato al fatto che in
medicina si usa a malapena la droga intera e quasi soltanto invece l'atropina.
Essa ha il vantaggio di poter essere dosata con certezza e anche iniettata,
corrisponde cioè in modo ideale a tutti i requisiti che una sostanza pura
derivata da una pianta medicinale deve possedere. Eppure la belladonna con il
suo fitocomplesso integro presenta dei vantaggi assoluti. Prima di tutto non è
affatto necessario servirsi della sostanza pura, perché la semplice belladonna
fa tutto quello che da essa ci si può attendere. Per quel che riguarda
l'effetto, l'atropina non porta ad alcun vantaggio. Tra le indicazioni della
belladonna vi è in primissimo luogo la medicazione prolungata, spesso per
parecchie settimane e più, giova senza dubbio il fatto che la somministrazione
per via orale sia pienamente attiva. Talvolta si dovrà ricorrere alla
somministrazione rettale, soprattutto se vi è tendenza al vomito. Le iniezioni
sono da riservare ai casi eccezionali.
Un validissimo contributo al dibattito, se sia meglio il
principio attivo isolato rispetto alla droga intera, che contiene ancora tutte
le sostanze complementari naturali, è stato fornito da List e Schmid (1969).
Essi studiarono degli estratti di belladonna e accertarono che con un estratto
di foglie fresche il principio attivo, la 1-iosciamina, attraversa rapidamente
la parete dell'intestino e che questo aumento di permeabilità è dovuto alla
presenza di flavonolglicosidi in forma attiva, derivanti dalla degradazione
di flavonoltriglicosidi A e B grazie a una [3-glicosidasi. Ciò significa anche
che il preparato galenico agisce in modo diverso dalla somministrazione singola
di 1-iosciamina. In altre parole, l'azione non è diversa in linea di principio,
ma si instaura più rapidamente grazie al migliore assorbimento, e di questo
effetto sono responsabili le sostanze complementari presenti nell'estratto di
pianta fresca. C'è dunque un fondamento di verità nella vecchia esperienza che
gli estratti di piante fresche presentano in molti, anche se non in tutti i
casi, dei vantaggi nell'uso pratico. Ovviamente non bisogna esagerare nemmeno
con questo principio e si deve in ogni singolo caso verificare qual è la forma
di applicazione migliore.
Le più recenti acquisizioni sullo stato attuale della
terapia conservativa dell'ulcera dicono esattamente le stesse cose. E sempre
più chiaro che gli anticolinergici sintetici, come Buscopan®, hanno tra le
altre un'ottima azione analgesica, che tuttavia non è migliore di quella della
belladonna e inoltre ha altrettante controindicazioni. Si era tentato di
impiegarli in un trattamento di lungo periodo e si sperava di ottenere in questo
modo una riduzione delle recidive ("vagotonia medicamentosa"), ma
questo tentativo, dopo un iniziale periodo di entusiasmo, è stato valutato
sempre più criticamente e negativamente (Rosch,1972).
Le mie estese ricerche personali mi hanno già da un
pezzo mostrato con la massima evidenza, che la semplice Tinct. Belladonnae
dell'Allegato alla Farmacopea tedesca soddisfa tutti i requisiti che un buon
spasmolitico per uso interno nelle patologie gastrointestinali deve avere (Weiss,
1941). Questo vale in primo luogo per la cura dell'ulcera. Lo stesso si verifica
nelle malattie croniche dell'intestino e nella stipsi di forma spastica. Solo
quando è necessario un aiuto immediato, come in una colica biliare, essa non è
sufficiente, come del resto neanche l'iniezione di sola atropina; la si deve
combinare con morfina, Dilaudid® o simili.
Naturalmente bisogna sapere bene quello che si fa,
quando si prescrive tintura di belladonna. Questo vale per tutti i medicamenti
fortemente attivi. Un corretto impiego richiede una determinata dose di
esercizio e di esperienza, poi però si acquisisce la sicurezza di evitare dei
danni.
Le osservazioni con la belladonna in caso di encefalite
ci hanno insegnato che la tollerabilità è migliore di quanto per lo più si
suppone. Non si deve dimenticare un fatto: per ottenere un effetto pieno,
terapeuticamente soddisfacente della belladonna con i pazienti che soffrono di
malattie gastrointestinali, bisogna arrivare il più vicino possibile al limite
di tolleranza.
mite
forte
Fitoterapeutico
camomilla--------------------------------------------------belladonna
assenzio, liquirizia
intermedi
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Dosaggio
Inizialmente si deve dare la belladonna in quantità
tale da arrivare proprio a una lieve secchezza della bocca e forse anche già a
lievi disturbi visivi, dopodiché si interroga con cura il paziente, tra il
terzo e il quarto giorno di medicazione di belladonna. La secchezza in bocca
spesso non viene nemmeno segnalata, perché il paziente da solo non sa
ricondurla al medicamento. D'altra parte non è opportuno richiamare prima
l'attenzione del paziente su questo effetto secondario, perché poi si mettono
in moto aspettative, che possono disturbare notevolmente il quadro. Non appena
il paziente riferisce di avvertire secchezza delle fauci, si riduce un po' la
dose di belladonna e in seguito ci si attiene a questo dosaggio per lungo tempo.
Dosi troppo piccole non danno risultati soddisfacenti e sono solo una
pseudoterapia. Questo effetto obiettivamente controllabile della belladonna si
può ottenere con qualsiasi buon preparato di belladonna e anche con l'atropina;
proprio qui si evidenzia il fatto che Tinctura Belladonnae è molto affidabile e
ha una buona efficacia.
Il dosaggio medio di Tinctura Belladonnae ammonta per gli uomini
a 8 gocce per 3 volte al giorno, per le donne a 6 gocce 3 volte al giorno; con
10 gocce 3 volte al giorno si arriva per lo più già in 12 giorni alla
secchezza delle fauci e allora si scende a 8 gocce 3 volte al giorno. Le gocce
si fanno prendere diluite in un poco d'acqua. Il sapore amaro è così ridotto
che i malati non se ne lamentano mai. La durata della terapia di belladonna
nell'ulcera e nella gastrite è di solito di 3-4 settimane, a volte anche di
più. In caso di costipazione spastica cronica si procede con dosaggi più
ridotti; in genere bastano 5 gocce 3 volte al giorno per parecchie
settimane. Altrettanto nella colica mucosa e nelle manifestazioni spastiche
della dispepsia fermentativa. La colite cronica grave richiede un dosaggio
sostenuto come quello dell'ulcera, ma in genere solo per breve tempo.
Forme
di preparazione
Tinctura Belladonnae è poco costosa. La prescrizione
è semplice:
Rp. Tinct. Belladonnae
20,0
D. S. 8 gocce in acqua 3 volte al giorno.
Spesso è utile far prendere le gocce di belladonna in
una tazza di buona camomilla, invece che in acqua, soprattutto nelle terapie
prolungate. Qui si aggiunge anche l'azione spasmolitica della camomilla,
rinforzata dagli altri effetti della camomilla sullo stomaco e l'intestino.
Se si preferiscono le pillole, allora si deve scegliere
Extractum Belladonnae come materia prima:
Rp. Extract. Belladonnae
0,3
Mass. pil. qu. s. u. f. pil. Nr. XXX
D. S. 1 pillola 3-4 volte al giorno.
Naturalmente non si devono usare Folia Belladonnae per
miscele; medicamenti eroici di questo tipo non sono affatto indicati per tisane.
Nondimeno la prescrizione di Extract. e Tinct. Belladonnae è buona e vera
fitoterapia, che nelle mani del medico non si limita ai rimedi innocui, ma con
modalità razionali e critiche comprende tutti i preparati vegetali, che hanno
effetti sicuri.
Vi sono anche alcuni ottimi preparati pronti di
belladonna, come Belladonnysat® Burger e Bellafolin® (Sandoz). Enorme è il
numero delle miscele di belladonna con i più diversi medicamenti,
particolarmente con sedativi e barbiturici.
Le Formule estemporanee tedesche riportano alcune
ricette utili:
Tìnctura
antispastica DRF
Rp. Tinct. Belladonnae
Tinct. Valerianae Spir.
Menthae pip.
aa ad 30,0
Pilulae
Belladonnae cum Papaverini DRF
Rp. Extract. Belladonnae
0,6
Papaverini hydrochlorici
1,2
Extr. Faecis
GIycerini
q.s.
M. f. pil. Nr. XXX
D.S. 1 pillola 3 volte al giorno.
Inoltre belladonna, particolarmente sotto forma di
tintura, può essere altrimenti aggiunta a molte miscele vegetali; incontreremo
ancora una serie intera di ricette di questo genere.
da Rudolf Fritz Weiss
Trattato di Fitoterapia
ed. APORIE
* nota del Webmaster
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