La propoli è un materiale di origine vegetale poiché
raccolta dalle api sui germogli e le cortecce degli alberi., ma successivamente
viene elaborata dalle stesse con miscelazioni
successive di cere e di secrezioni salivari.
Il suo aspetto è appiccicoso e dal colore variante dal.
giallo al verde bruno.
Il suo odore è aromatico e ricorda lontanamente la
vaniglia e la cannella. Se bruciata libera un profumo molto delicato. E’ molto
ricercata anche per le resine aromatiche che contiene. Il suo sapore, per alcuni
assai gradevole, per altri mal tollerato, è aspro, con toni amari.
Circa la produzione, persiste oggi un mistero non ancora
chiarito. Tale fenomeno viene spiegato dagli studiosi con alcune teorie
discordanti.
Rosh e i suoi ricercatori sostengono che la propoli
abbia origine direttamente dalle resine raccolte dalle api bottinatrici sui
germogli, sulle foglie, sulle cortecce di diverse specie di piante (betulla,
pioppo, ontano, pino, ippocastano, salice e palme nei luoghi tropicali).
Per compiere tale operazione di raccolta le api
bottinatrici con l'aiuto delle antenne si dirigerebbero sulla sostanza resinosa
attaccandola con le mandibole e riducendola, con movimenti della testa, a forma
di pallottola per depositarla nelle cestelle.
Al ritorno nell'alveare, da solo o con l'aiuto di altre
operaie, si liberano del carico.
A tal proposito si osserva che le api asiatiche,
caucasiche e cipriote sono fra le specie che producono più propoli rispetto
all'ape ligustica italiana e che le bottinatrici lavorano durante le ore più
calde della giornata, quando la propoli, dura e friabile, è resa malleabile dal
calore (la propoli è dura alle temperature basse ed è malleabile intorno ai 21°
e fonde a 65°).
Quando la propoli non è sufficientemente malleabile si
può verificare che le bottinatrici, per liberarsi del carico, attendano, sul
predellino di volo, il giorno seguente affinché il sole renda più lavorabile
tale sostanza.
L'altra teoria di produzione della propoli è sostenuta
da Kùstenmaker e dai suoi collaboratori.
Essi sostengono, in opposizione alla teoria
precedentemente descritta, che la propoli ha una origine endogena.
Deriverebbe cioè dalla prima digestione del polline che
avviene in una parte dell'intestino chiamato "stomaco del polline".
Più precisamente il processo di formazione della propoli
inizierebbe con l'ingestione, da parte delle api, di una notevole quantità di
acqua che provocherebbe un enorme rigonfiamento dei granuli di polline fino al
loro scoppio.
Il plasma che ne esce verrebbe utilizzato dalle nutrici
per alimentare la covata, mentre nell'involucro dei granuli si formerebbe un
"balsamo" che il Kùstenmaker chiama la "materia prima e l'essenza della
propoli".
A questo balsamo, rigurgitato dalle api in goccioline,
le api aggiungerebbero i granuli di polline non scoppiati, la cera ed altre
sostanze per renderlo consistente e per permetterne il trasporto da un posto
all'altro dell'alveare.
Altri ricercatori tra cui l'americano Philip descrivono
l'esistenza di due diversi tipi di propoli: la prima di origine interna prodotta
secondo l'ipotesi sopra descritta e l'altra derivata da sostanze di natura
resinosa e balsamica raccolte dalle api e successivamente elaborate da
particolari ghiandole produttrici di enzimi specifici allo scopo.
Oggi anche grazie all'individuazione di numerose
analogie tra le sostanze resinose che rivestono le gemme di numerose piante e la
composizione della propoli, la maggior parte degli studiosi sostiene la tesi
dell'origine esterna della propoli alla cui genesi concorrerebbero le api
mediante un processo di arricchimento enzimatico.
Etimologicamente al termine propoli vengono attribuite
due origini: una è dal greco pros= avanti e polis = città.
Ciò trova riscontro nel fatto che le api accumulano
quantità anche notevoli di questo materiale in prossimità dell'ingresso
dell'alveare.
Un'altra origine del termine proviene dal latino pro =
per e polire = pulire, lisciare, rifinire, in quanto la propoli viene usata per
verniciare l'interno e parte dell'esterno dell'alveare.
La propoli è dunque, per le api, un efficace materiale
da costruzione e da difesa e un potente antisettico.
Le api oltre che per restringere l'ingresso
dell'alveare, in particolare all'approssimarsi della cattiva stagione e per
ostacolare l'ingresso di eventuali predatori, si servono della propoli per
otturare tutte le fessure eventualmente presenti nell'arnia e per verniciarne
con un sottile strato le pareti. interni.
Negli alveari razionali tutte le parti vengono saldate
fra di loro; le misure standard dei telaini sono date in funzione dello spazio
minimo propolizzabile: è noto infatti che le api chiudono con. propoli tutte le
fessure e i passaggi di dimensione inferiori ai 3 mm.
Con la propoli le api verniciano anche i bordi e
l'interno delle cellette e questo avviene non appena. queste vengono costruite e
prima che la regina le usi per la deposizione della covata.
La raccolta della propoli grezza da parte dell'uomo si
ottiene dalla periodica pulizia delle arnie e la sua minore o maggiore
produzione dipende dalla presenza di più o meno fessure e dalla quantità e
dall'età dei telaini.
Mediamente è possibile contare su una produzione annuale
tra i 150 e i 300 g per alveare.
Per facilitare il distacco della propoli dalla griglia è
necessario raffreddare la propoli che quando assumerà una consistenza vitrea
sarà sufficiente un colpo per causarne il facile distacco.
La propoli è anche usata dalle api come sostanza
"imbalsamante" per coprire la carcassa di invasori dell'alveare che le api hanno
ucciso, ma che non possono essere trasportati fuori.
I corpi di questi piccoli animali ricoperti
abbondantemente di tale sostanza essiccano senza che avvenga alcun fenomeno
putrefattivo che possa compromettere la vita stessa delle api e la perfetta
conservazione delle provviste accumulate per i bisogni della comunità.
Si tratta sorprendentemente di un autentico processo di
mummificazione.
probabilmente è proprio su queste osservazioni che si e
reso evidente il potere antisettico della propoli ed ha preso origine il suo
utilizzo nella farmacopea della medicina popolare.
Va riferito che la quantità di propoli prodotta da un
alveare dipende da molti fattori, fra i quali la temperatura esterna, le
condizioni dell'alveare, il profilo fito-sociologico della regione di raccolta e
la razza delle api (tra le più propolifere figurano l'Apis mellifera
Var.anatolica e l'Apis salariensis).
Gli apicoltori per intensificare la produzione di
propoli ricorrono a diversi accorgimenti quali:
- aumento della spaziatura tra i sostegni dell'alveare
- introduzione di assicelle di legno non piallate
- creazione di fenditure sulle pareti interne
dell'alveare dalla larghezza di 3-4 mm.
- introduzione di una griglia supplementare in plastica
o in metallo inossidabile.
Gli Egiziani la usavano nella mummificazione. Aristotele
nella sua "Storia degli animali" la definisce come un rimedio per le affezioni
della pelle, le piaghe e le suppurazioni.
I soldati dell'Impero Romano ne ricevevano in dotazione
una piccola quantità per la medicazione delle ferite.
Plinio, Dioscoride, Galeno e Vasseno descrivono tale
materiale ed il suo utilizzo in medicina.
Si trovano citazioni nel Corano e in vari trattati arabi
di medicina.
Gli Incas la utilizzavano nella cura delle affezioni
febbrili. Nel Medio Evo veniva impiegata per frizionare l'ombelico dei neonati e
come rimedio contro le infiammazioni della bocca.
La propoli nel passato veniva talvolta confusa con la
cera. Ne è testimonianza un libro di medicina mussulmana "Il canone di medicina"
in cui l'illustre filosofo e medico Ibn Sina (Avicenna) nomina la cera pura e la
cera nera: "La cera pura è quella che forma le pareti dei favi dove le api
allevano la covata e depositano il miele, la cera nera non è che un rifiuto
dell'arnia...la cera nera avrebbe la proprietà di far uscire le punte delle
frecce e le spine dalle ferite."
Anche per il lessicografo georgiano Sulban-Saba
Orseliani, nel XVII secolo, la propoli" è una sostanza simile alla cera che si
trova nel fondo dell'arnia".
Sempre in Georgia era in uso mettere un pò di propoli
sull'ombelico dei neonati e veniva strofinata sui giocattoli dei bambini
(disinfezione).
E’ noto il largo impiego della propoli nella medicina
popolare russa e ciò è dovuto alla notevole quantità di propali prodotta dalle
api caucasiche.
Più recentemente la popolarità della propoli si diffuse
con lo scoppio della guerra dei Boeri (1899-1902) dove venne utilizzata come
unico rimedio nella cura delle piaghe dei feriti.
In un tempo in cui l'era degli antibiotici era ancora
sconosciuta tale sostanza risparmiò molte vite alla morte da infezione.
Per quanto concerne gli usi popolari e tradizionali,
oltre all'uso terapeutico va citato il suo utilizzo nella preparazione di
vernici.
I maestri liutai italiani del 18° secolo la miscelavano
ad altre vernici per rivestire gli strumenti donando una particolare sonorità
agli strumenti: uno dei segreti degli "Stradivari" sarebbe proprio dovuto
all'utilizzo della propali.
Nell'arte della pittura ritroviamo il suo utilizzo nella
tecnica detta "encausto": si tratta di una tecnica di pittura parietale greca e
romana molto resistente nel tempo.
Inoltre bruciando pastiglie di propali mescolate ad
incenso, benzoino, storace, zucchero, carbone e gomma arabica gli antichi greci
ottenevano la profumazione di camere e saloni.
Da: Le nuove frontiere della propoli
di Giuseppe Maria Ricchiuto
Giuseppe Maria Ricchiuto Editore
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