Sulla Terra giungono solo una parte delle
radiazioni ultraviolette, i raggi luminosi ed una parte dei raggi infrarossi. Per questi raggi esistono dei valori, misurati in nanometri (nm) di
lunghezza d'onda:
RAGGI UV: da 285 a 400 nm
RAGGI LUMINOSI: da 400 a 800 nm
RAGGI I.R.: da 800 a 1500 mm
I raggi UV in particolare, vengono distinti fra
UV-B (B = bassa lunghezza d'onda) e UV-A (A=alta lunghezza d'onda);
UV-B: da 285 a 315 nm
UV-A: da 315 a 400 nm
I raggi luminosi visibili, a seconda della
lunghezza d'onda (fra 400 e 800 nm) si distinguono nei colori viola - indaco - blu - verde
- giallo - arancio - rosso, che costituiscono appunto i 7 colori dell'iride (arcobaleno) e
che nel loro insieme danno la luce bianca: il colore
nero sta a significare che tutti i raggi visibili sono assorbiti ed estinti dal corpo, che
risulta nero. Una sostanza risulterà ad esempio verde
se la sua struttura chimica assorbe tutti gli altri 6 colori, meno il verde. Solo i raggi fra 400 e 800 nm sono visibili. Gli UV sono invisibili
e freddi, gli I.R. sono invisibili e caldi. La
differenza fondamentale fra i tre tipi di raggi UV, visibili e I.R. sta nella loro
energia. Gli infrarossi sono quelli a più basso
livello di energia e si limitano a cedere calore. L'energia
dei raggi visibili si traduce nel solo effetto luminoso. I più energetici sono gli UV ma
presentano fra loro grandi differenze: gli UV-A sono molto meno energetici degli UV-B. Si conoscono raggi ultravioletti ancora più energetici degli
UV-B: sono gli UV-C (lunghezza d'onda fra 100 e 285
nm) che per nostra fortuna non giungono sulla Terra. A
circa 20 km di altezza nell'Atmosfera, essi vengono infatti filtrati dall'ossigeno; dalla
forte reazione energetica che ne scaturisce, prende origine la provvidenziale fascia di
ozono. L'ossigeno atmosferico è infatti «spezzato»
dai raggi UV-C di 150 nm e passa dallo stato molecolare a quello atomico. L'ossigeno atomico reagisce subito con altro ossigeno molecolare
presente e forma 1'Ozono.
02 + 1/2 02 = 03
La fascia di Ozono che così si forma ha la
capacità di assorbire i raggi UV- C tra 150 e 285 nm, oltre ad una parte di raggi UV-B.
In tal modo, grazie all'Ozono, sulla Terra non giungono raggi nocivi la cui presenza
sarebbe incompatibile con la vita. Recentemente e
stato messo in evidenza come certe sostanze prodotte dall'uomo (ossidi di Azoto,
propellenti clorofluorurati degli spray, esplosioni atomiche, voli supersonici e spaziali)
stanno causando una progressiva riduzione della fascia di Ozono (ed oggi e gia del 5%). Ma dimentichiamo i deleteri raggi UV-C e soffermiamoci sui
raggi UV-B ed UV-A per rilevare quali effetti essi producono sull'umano. L'essere umano e un mammifero e, come tutti i mammiferi, dispone di
un organo protettivo: la cute. Ma, contrariamente agli
animali da pelliccia, non possiede una folta riserva di peli se si esclude la capigliatura
(la cui presenza sul capo, data la posizione eretta dell'Umano, ha una precisa funzione
difensiva). Nella cute (e nei capelli) esiste una specie di ghiandola monocellulare, preposta alla produzione di un pigmento (Melanina); questo è un
biopolimero di natura indolica simile cioè all'indaco
o all'inchiostro di seppia, che è in grado di estinguere in modo specifico i raggi UV-B fra 285 e 315 nm. La cellula che
costituisce tale particolare ghiandola è detta Melanocita; si trova nella parte basale dell'epidermide ed ha una conformazione a
stella, simile a quella delle cellule gliali presenti
nel sistema nervoso. Il melanocita non è infatti una
cellula epidermica vera e propria in quanto, in epoca embrionale, essa migra dalle creste neurali (punto di partenza nel Sistema nervoso) fin
nell'Epidermide ove svolge una ben precisa funzione. Tale cellula nei Mammiferi, ha perso ogni collegamento col
Sistema nervoso; in certi Rettili (come ad es. il Camaleonte)
la cellula cromatofora è invece strettamente connessa
col nervo ottico che è in grado di rispondere a stimoli nervosi, determinando il cambiamento del colore della pelle a seconda delle situazioni ambientali. Unica e specifica funzione del Melanocita umano è quella di
produrre Melanina, a seguito di uno stimolo energetico prodotto dai raggi UV-B. Il pigmento si biosintetizza in piccole vescicole (i Melanosomi)
che, attraverso le propaggini «a stella» del Melanocita, vengono «secrete» dentro le cellule epidermiche. Questa
particolare forma di secrezione che non avviene all'esterno della pelle ma dentro un'altra cellula è detta
Citocrinia.
Scopo preciso di questo «Servizio Cellulare» è quello di proteggere il nucleo delle cellule epidermiche dall'azione dei raggi
ultravioletti. La Melanina infatti va a disporsi a «cappuccio» attorno al Nucleo evitando così il diretto
contatto fra UV e DNA cellulare. La produzione di Melanina è diversa a seconda delle popolazioni e delle zone terrestri; scarsa in zone
vicine ai Poli, è massima nelle zone equatoriali. Vi
sono anche precise differenziazioni fra la melanina
della popolazione negroide, di quella caucasica, e di quella celtica.
Per cause genetiche taluni soggetti (gli albini) pur possedendo le cellule melanogene
non sono in grado di sintetizzare Melanina mancando dei necessari enzimi (tirosinasi). Sono infatti le Tirosinasi che avviano il processo
melanogenetico trasformando un Amminoacido, la Tirosina, in una sostanza diversa su cui poi l'Ossigeno, in presenza di Rame produce un progressivo processo di polimerizzazione a Melanina. Questa
importante reazione difensiva della pelle, non è immediata ma richiede almeno 72 ore. Parallelamente la pelle reagisce ai raggi UV-B aumentando il
suo spessore. Infatti anche un maggior strato di Cheratina aiuta la pelle ad estinguere i raggi UV-B. Per la verità la pelle ha anche reazioni immediate
quando è esposta ai raggi UV.
I raggi UV-B, che vengono interamente assorbiti
nell'epidermide, modificano un Amminoacido, l'Istidina, liberando un acido detto Urocanico (perché si ritrova anche nelle urine dei cani) che, portato in superficie mediante il sudore e la
perspiratio insensibilis, funziona da filtro solare riducendo cioè la quantità di raggi
che entrano nell'epidermide. La seconda reazione
«rapida» è invece provocata dai Raggi UV-A. Questi raggi,assai meno energetici degli UV-B ma più penetranti, attraversano l'epidermide e vanno a
spegnersi nel derma sottostante. Attraversando l'Epidermide provocano un fenomeno ben noto a
tutti: la tintarella.
In altri termini ossidano i granuli di pigmento già presenti nella zona
superficiale della pelle producendo un certo
iscurimento e cioè l'abbronzatura diretta (gli addetti ai lavori la chiamano «fenomeno di Meirowsky).
È esattamente quello che succede quando ci si espone alla lampada UV-A. I raggi UV-A sono troppo
poco energetici per causare l'Eritema, né sono capaci
di avviare la biosintesi metanica ma in compenso ossidano la Melanina preesistente facendo
abbronzare in pochi minuti. È chiaro che questo
sottilissimo velo di melanina non è sufficiente a
evitare eritemi ma basta ed avanza per chi vuol
vedersi abbronzato per qualche giorno.
Non abbiamo sinora parlato del guaio maggiore connesso con l'esposizione
solare: l'eritema, quello che abitualmente è detto
«scottatura solare». Ecco quel che succede: i raggi
UV-B entrano nell'epidermide e per l'energia che
scaricano fanno «partire» il processo melanogenetico
(che si completerà in 2/3 giorni), liberano acido Urocanico
dall'Istidina, ma, purtroppo, modificano l'Istidina stessa anche con la formazione di Istamina. Questa,
assieme ad altre sostanze (forse le Prostaglandine) si
affonda nella pelle sino a raggiungere i vasi sanguigni ove scatena una reazione infiammatoria, reazione che poi affiora alla superficie nel giro di
poche ore, causando quel doloroso stato della pelle detto appunto «eritema solare». A questo punto dovrebbe essere ben chiara la funzione dei prodotti solari che non è tanto quella di «far abbronzare» prima o di più la
pelle, ma è soprattutto quella di ridurre al minimo il
rischio di eritema nei primi tre giorni di sole, cioè fino al momento in cui la melanina
neoformata è in grado di difendere da sola la pelle su ogni ulteriore irraggiamento UV. Basta
infatti lasciare passare anche solo il 5% di raggi
UV-B perché si avvii la Melanogenesi, tenendo a livelli non percepibili la reazione infiammatoria. Ciò significa impiegare per i primi 3/4 giorni di esposizione un prodotto ad alta protezione capace di
estinguere dal 90 al 95% dei raggi UV-B incidenti sulla pelle. Purtroppo una simile interpretazione è percepita con difficoltà dal consumatore per cui si è
preferito utilizzare il linguaggio di fattore di protezione (F.P. o S.P.F.).
Gianni Proserpio |