La
capigliatura umana sembra essere divenuta, con l'evoluzione, qualcosa di
futile o inutile. Ma non è così! I capelli conservano la fondamentale
funzione di farsi vedere e di essere visti.
Con la acconciatura, i capelli, permettono di modificare l'aspetto
esteriore. Un taglio od una acconciatura sbagliata può trasformarsi in
una tragedia (e questo è oggi riconosciuto anche dalla Legge sicché un
parrucchiere che sbaglia può essere denunciato per negligenza ed
incapacità professionale). Con il taglio giusto si può affermare le
proprie radici, il proprio sesso, pubblicizzare la propria religione,
sfidare i professori, farsi nuovi amici, provocare uno scandalo, trovare
l'anima gemella, opporsi alle consuetudini sociali, farsi
licenziare.Tutti i popoli della Terra, in ogni epoca, hanno elaborato un
complesso codice di pettinature diverse per esprimere ogni tappa della
vita, per comunicare il loro ruolo, il loro stato sociale e la loro
identità culturale. Così per i monaci orientali il cranio rasato è
simbolo di castità. I sacerdoti Ho delle tribù della Africa
occidentale concepiscono i capelli come sede del Dio. I Masai posseggono
la magia di "far pioggia" solo finché non tagliano barba e
capelli. I giornalisti televisivi di tutto il mondo si sono resi conto
che con una pettinatura anonima acquistano credibilità.
I capelli sono un mezzo d'espressione ineludibile e, sapendolo leggere,
rivelano persino ciò che talvolta vorremmo nascondere come l'età,
l'etnia a cui apparteniamo, il credo politico, il grado di istruzione.
Ma tutto questo è ancora riduttivo e non basta a spiegare come da
sempre, ed in tutte le civiltà, la capigliatura abbia rappresentato un
elemento fondamentale della personalità, sostegno della bellezza, del
fascino e della seduzione, talvolta del potere... e come, ancora i
giorni nostri, la capigliatura conservi un profondo valore simbolico.Il
fatto è che siamo ancestralmente abituati a considerare i capelli come
un "attributo sessuale" e, se i capelli non ci sono più,
possiamo vivere questa condizione come una regressione ad uno stato,
come quello infantile, nel quale non si sono ancora ben differenziati
sessi e ruoli, con i diritti ed i poteri che essi comportano. La perdita
dei capelli è pertanto inconsciamente vissuta come castrazione, perdita
della virilità, della forza, della giovinezza, della mascolinità o
femminilità.E' quindi comprensibile che le malattie del capello e/o del
cuoio capelluto costituiscano un problema esistenziale e preoccupante,
che mette in discussione l'immagine fisica e lo stato psichico degli
uomini e delle donne che ne sono colpiti. La capigliatura diventa
rapidamente fonte di disperazione quando si sfoltisce o solo diventa
spenta e poco attraente.La calvizie è un problema che affligge solo in
Italia circa nove milioni di persone, interessando, in forma più o meno
grave, il 20% dei giovani maschi (20/30 anni) e il 50% degli uomini
sopra i cinquanta anni.
Questa grande diffusione la fa considerare, nel maschio, un fenomeno
parafisiologico e quindi normale.Nella donna invece che sembra sempre più
afflitta da problemi di capelli , forse per lo stress a cui è più
soggetta nell'epoca moderna, la calvizie può essere sintomo di un
quadro ormonale alterato e quindi deve essere curata con opportune
terapie.Se è vero che spesso l'uomo accetta malvolentieri una calvizie
precoce, per una donna questo problema può assumere i caratteri di una
vera e propria tragedia.Vale quindi la pena di fare tutto il possibile
per conservare una chioma sana e vigorosa, affidandosi finché è
possibile alle opportune terapie preventive.Nei casi invece di gravi
calvizie, resistenti ad ogni tentativo di cura, si può ricorrere alle
tecniche chirurgiche messe a punto ormai da anni e quindi
affidabilissime.
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