Il Tarassaco
Un vero canto di lode alla pianta del tarassaco fu scritto dall'Abate tedesco Sebastiano Kneipp, vissuto nell'Ottocento e fondatore di uno speciale sistema curativo chiamato "idroterapia", cui associava il tarassaco e altre erbe medicinali. Kneipp, studioso della Baviera morto nel 1897, durante la sua giovinezza era sofferente di tubercolosi, accompagnata da forti emottisi (sangue che gli fuoriusciva dalla bocca). Senza scoraggiarsi o spaventarsi della sua terribile malattia (ricordiamo che a quei tempi non esistevano gli antibiotici) egli mise in pratica gli insegnamenti del Dr. Johann Hann sul "trattamento curativo tramite l'acqua fredda", in altre parole l'idroterapia.
In pieno inverno Kneipp iniziò la cura, immergendosi nelle acque fredde del Danubio e restandovi immerso solo per pochi secondi. L'Abate continuò le brevissime immersioni nelle acque gelide, tre volte la settimana e, con sua somma meraviglia, costatò - nel 1866 - di essere stato guarito dalla tubercolosi. Nelle sue pubblicazioni, l'Abate non parlò soltanto d'acqua fredda, ma anche di piante ed erbe medicinali i cui "segreti" ha raccolti in un interessante volume che è giunto fino ai nostri giorni. Il "tarassaco" è conosciuto con i nomi volgari di "dente di leone" o "dente di cane" o "ingrassa porci" o, infine, "piascialetto" (per il potere diuretico che la pianta possiede). Il codice botanico del "tarassaco" è Taraxacum officinale, delle Composite.
La pianta raggiunge l'altezza dai cinque ai cinquanta centimetri ed è diffusa ovunque nei prati ed orti di tutta l'Umbria, imponendosi ai nostri occhi per la bellezza dei suoi fiori gialli (da marzo a novembre), le foglie folte e incise. E' una vera "panacea", vale a dire un medicamento capace di contrastare molte malattie. L'uso terapeutico di questa pianta non era conosciuto nell'antichità e nessun testo, compresi gli Erbari illustrati, ne parla prima del XV secolo. Nel 1546 il naturalista Bock attribuì al tarassaco un potere diuretico, mentre un farmacista tedesco del XVI secolo attribuì alla pianta virtù vulnerarie (vale a dire capaci di curare rapidamente le ferite).
Più tardi, tra il sec. XVII e XVIII, ne parleranno ampiamente - come accennato - i medici umbri e l'Abate Kneipp. Oggi sappiamo che il tarassaco combatte molte piccole patologie: è salutare nelle colecistopatie da litiasi biliare (nelle disfunzioni, in altre parole, della colecisti o cistifellea per la presenza all'interno di calcoli) se viene unita ad altre erbe, quali il carciofo, il tiglio, la celidonia, la curcuma, la fumaria; è benefica nelle insufficienze epatiche (quando il fegato non svolge bene le sue funzioni); elimina l'acne; rientra nei preparati erboristici, insieme a spirea, echinacea (radice), betulla(foglie), dentella(foglie), ananas (gambo) per ridurre la cellulite che colpisce soprattutto le donne; rientra nella composizione di medicinali per combattere i reumatismi, se associata all'uncaria (la corteccia), all'artiglio del diavolo (radice), al frassino (foglia e gemma), al salice (corteccia), alla spirea olearia (sommità fiorite); combatte, infine, la stipsi, soprattutto se è unita alle seguenti erbe: aloe (il succo), cascara (corteccia), cassia fistola (frutto), frangula (corteccia), senna (foglia), polipolio (radice), rabarbaro cinese (il rizoma, il fusto sotterraneo).
Fonte Il Messaggero on line Umbria articolo di Salvatore Pezzella
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