• Sulla stabilità di lipidi vegetali Sappiamo ormai tutto, o quasi, circa gli usi cosmetici del burro di karitè, un lipide ottenuto per estrazione dei semi del frutto di una pianta africana (Butyrospermum parkii). Il nome scientifico dato a questo lipide vegetale è stato assegnato in onore dell'inglese Mr. Mungo Park, un grande esploratore che, per primo, risalì controcorrente le sponde del fiume Gambia (Gambia, Senegal) alla fine del XVII secolo ed ebbe modo di ritrovarsi proprio nei luoghi ove avveniva la raccolta dei semi dalla pianta e la produzione di quel lipide di consistenza burrosa. Il burro di karitè è noto soprattutto per la sua frazione insaponificabile, ed è considerato da anni un ingrediente d'alto interesse nella produzione cosmetica per le sue proprietà protettive cutanee, anche da radiazioni UV, per le sue proprietà lenitive della pelle irritata e risananti la cute lesa o screpolata, per la sua funzione idratante ed ammorbidente l'epidermide. Un recente brevetto svedese ci fa conoscere un nuovo potenziale impiego del burro di karitè: quello di ingrediente di base in una massa destinata ad essere considerata una valida alternativa alla lanolina, una cera apprezzata per le sue mille prerogative funzionali e, soprattutto, per la sua eccezionale stabilità. Di prodotti presentati come validi alternativi alla vecchia ma mai dimenticata lanolina, almeno in questi ultimi dieci anni, ne sono apparsi tanti. Provvediamo ad aggiungere anche questo alla ormai lunga lista. La massa lipidica alternativa funzionale alla lanolina risulterebbe composta da una combinazione di una frazione non polare ottenuta da oli e grassi vegetali ricchi in insaponificabile con una frazione polare costituita da una miscela di esteri di acidi grassi. La frazione non polare ricca in in saponificabile è stata realizzata partendo dal burro di karatè che, una volta idrogenato, consente di ottenere una sostanza di base che presenta una buona stabilità all'ossidazione. Preparati contenenti oli di estrazione vegetale, da semi in particolare, o loro derivati, possono essere trattati in modo da presentare una migliore stabilità a fenomeni ossidativi: questo grazie alla combinazione con particolari miscele di agenti antiossidanti, particolarmente con combinazioni di almeno un antiossidante terminale di radicali, cioè in grado di bloccare la reazione di perossidazione iniziata da radicali liberi. Secondo gli estensori del brevetto, gli oli vegetali da preferirsi ai fini di garantire una migliore stabilità al prodotto finito che li contiene, sono quelli di macadamia (Macadamia ternifolia), moringa (Moringa oleifera), babassu (Orbignya oleifera) e limnante (Limnantes alba) oltre all'olio di girasole (Helianthus annuus L.) ad alto titolo in acido oleico. Da: Erboristeria Domani A Cura di Paolo Poggi
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