Bioflavonoidi in gravidanza
Alcune considerazioni sulle misure cautelari decise dal ministero della Salute
I flavonoidi sono pigmenti ubiquitari, presenti nei fiori, nei frutti e nelle foglie di numerose specie vegetali. Un provvedimento generico sulla proibizione di queste sostanze in gravidanza necessita di alcune precisazioni che tengano conto delle ricerche scientifiche più recenti dalle quali non sembrano emergere ìndicazioni in tal senso.
Premessa
In merito alla circolare ministeriale (Ufficio XII, Alimenti e Nutrizione) del 4 luglio 2002, avente per oggetto "Prodotti contenenti bioflavonoidi" con la quale si richiede, quale misura cautelare, l'inserimento sull'etichetta di quegli integratori che contengono bioflavonoidi l'avvertenza "Non assumere durante la gravidanza", riteniamo utili e urgenti alcune considerazioni. Il termine "bioflavonoidi" è un termine generico che vorrebbe definire una categoria fitochimica di sostanze più propriamente definite dal termine "flavonoidi", pigmenti ubiquitari facilmente reperibili nei fiori, nei frutti e nelle foglie di numerose specie vegetali. Si calcola che esistano oltre 4000 flavonoidi in natura, corrispondenti peraltro a differenti colori: giallo, arancio, rosso, porpora ecc. Si tratta di composti fenolici che in base alla struttura possono essere classificati in sottogruppi. Tutte queste strutture possono trovarsi libere, sottoforma di agli coni, di glucosidi (quercitina, iperoside), di dimeri, di polimeri (procianidine), oppure ancora esterificate in strutture più complesse. E altrettanto vario è il panorama delle attività biologiche dimostrate: capillaroprotettori, antiradicali liberi, inibitori enzimatici, (ialuronidasi, aldosoreduttasi, ciclossigenasi ecc.). Certamente i più conosciuti e utilizzati anche in ambito farmaceutico sono la rutina, diosmina ed esperidina del genere Citrus e gli antociani del mirtillo, ma rappresentano una componente importante anche di molti estratti fitoterapici quali il carciofo, la passiflora, il timo, la camomilla, l'achillea, l'equiseto, il sambuco, il tiglio e numerosissime altre piante officinali. Anche in piante utilizzate comunemente nell'alimentazione. in bevande salutistiche (es.: spremuta d'arancia), in integratori, ma anche in specialità medicinali. Tutte queste categorie di prodotti, abitualmente e universalmente utilizzate, sono consigliate o prescritte anche in gravidanza.
Tabella 1 - I sottogruppi dei principali Flavonoidi
FLAVONI.................................Apigenina, Luteolina, Diosmina...
FLAVONOLI............................Kampferolo, Quercetina...
FLAVANONI............................Esperidina, Naringerina...
DIIDROFLAVONOLI...............Diidrokampferolo, Diidroqueretina...
FLAVAN-3-OLI........................Afzelechina, Catechina...
FLAVAN-3,4-DIOLI.................Leucopelargonidina, Leucocianidine...
CALCONI..................................Isoliquiritigenina, Buteina...
AURONI....................................Ispidolo...
ANTOCIANIDINE....................Pelargonidina, Cianidina...
Discussione
Riteniamo che un provvedimento generico sulla proibizione dei flavonoidi in gravidanza, una volta dimostratane la utilità, non possa essere comunque concretizzato proprio per la diffusa presenza di queste sostanze anche negli alimenti comuni. Paradossalmente dovrebbe allora essere esteso anche a tutti i prodotti erboristici contenenti piante con flavonoidi (sfidiamo a trovare piante prive di flavonoidi!). ma anche agli alimenti (dai succhi di frutta del bar agli "alimenti-erboristici"), e infine alle specialità medicinali che li contengono (dal Tegens al Daflon, dal Venosmine al Rutisan, al Venoruton), e, perché no, certamente anche ai galenici preparati dal farmacista. Francamente ci sembra un provvedimento generico quanto inopportuno. Sarebbe quasi come voler proibire "le vitamine" in gravidanza. Oggi invece sappiamo che solo alcune di queste e per giunta ad alti dosaggi sono controindicate in gravidanza (come ad esempio la vitamina A), mentre invece altre sono proprio indicate, e fin dai primissimi giorni della gravidanza (come ad esempio l'acido folico). Per tutte le altre vitamine invece non esistono osservazioni particolari. Non possiamo peraltro non rilevare come, al contrario, le Istituzioni non intervengono con la stessa puntualità per impedire in gravidanza l'uso di sostanze notoriamente pericolose (oli essenziali, piante ad alcaloidi ecc.). Entrando poi nel merito della questione farmaco-tossicologica circa il ruolo dei flavonoidi nella patogenesi della leucemia infantile, è necessario ricordare che, in relazione a studi che dimostravano un aumento del rischio di leucemia in pazienti trattati con antiblastici inibenti la topoisonerasi II (etoposide VP16; doxorubicina DOX), e in seguito alla dimostrazione che nel sangue di bambini appena nati vi erano cellule leucemiche, sono stati cercati agenti che potevano avere un'azione di inibizione sulla topoisomerasi II, e tra questi alcuni flavonoidi. La dimostrazione che i flavonoidi traversano la barriera placentare è basata tuttavia solo su un lavoro scientifico (Schroder-van der Elst JP. et al.: Am J PhysioI 1998; 274: E253-6) in cui peraltro veniva utilizzato il flavonoide sintetico EMD-49209 per via intravenosa in ratti femmine. Il flavonoide era marcato con tracciante radioattivo e dimostrava traccia della sostanza in tutti i tessuti fetali. La percentuale di casi di leucemia infantile nel mondo occidentale è di 37 nuovi casi per milione di nati, da questi è necessario togliere quel 20% che non hanno il gene MLL e quindi si tratterebbe di circa 30 casi per milione di nati (Gurney JG.: J Pediatr Hematol Oncol 1998; 19:428-32). Una percentuale veramente bassa rispetto all'esposizione a questo supposto agente cancerogeno se si pensa che sostanze inibitrici della topoisomerasi II, sono anche la quercitina abbondantemente presente in frutta e vegetali, la genisteina in molti legumi e cereali, cosi come le catechine del tè, cioccolata e vino. Inoltre gli inibitori della topoisomerasi II che hanno dimostrato di provocare leucemie sono sostanze anticancerogene e quindi dotate di grandissima potenza farmacologica. Nel lavoro di Strick (Strick R. et al.: PNAS, 2000, 97:9, 4790-4795) si raggiungono delle dosi di flavonoide capaci di provare distruzione del gene MLL pari a 25uM di Etoposide in vitro (vedi Tabella 1 a pagina 4791) praticamente di gran lunga irraggiungibili con la dieta come 50 uM di genisteina o 200 uM di Flacone o 200 uM di Daidzeina; in genere anche assumendo grandi quantità per os di flavonoidi raramente si superano pochi uM. Le cellule (linfociti) inoltre sono state incubate per periodi variabili tra 6 e 16 ore. L'Autore del lavoro ritiene comunque di poter stabilire che solo alcuni tipi di flavonoidi hanno attività inibitoria della topoisomerasi II, escludendo i flavanoni, i flavonoli e i bioflavonoidi glicosilati e mutilati, tranne la genisteina. Quindi gli inibitori della topoisomerasi II più potenti sarebbero i flavoni e i flavonoli. È da considerare inoltre che l'esposizione a radiazioni ionizzanti durante la vita uterina aumenta il rischio di leucemia infantile di "solo" 5 volte, e risiedere vicino ad impianti nucleari o l'esposizione lavorativa a radiazioni ionizzanti a basse dosi aumenta in modo poco significativo il rischio di leucemia (ACS 200 beta; Linet 1996; Scheinberg 1997). Altri fattori di rischio sono peso > di 4 kg alla nascita (aumento di 2 volte del rischio); consumo di alcool durante la gravidanza (1,5 volte): storia materna di interruzioni spontanee di gravidanza e parti prematuri (2-5 volle) (J Ross.: PNAS 2000; 97: 4411-13). I pazienti pediatrici con traslocazione del gene MLL spesso hanno altre anomalie genetiche, che possono rappresentare eventi secondari, ma che possono contribuire notevolmente alla patogenesi della leucemia (Heerema NA.: Blood 1994; 83: 2274-84: Cimino G.: Br. J. Haemantol 1997; 96: 308-313).
Conclusioni
Concludendo riteniamo che la proibizione di assumere flavonoidi durante la gravidanza per il rischio di leucemia nel nascituro sia in netto contrasto con la realtà dei fatti (molteplicità e diffusione in natura e sul mercato alimentare e farmaceutico) senza peraltro avere dati sufficienti circa l'effettiva tossicità in vivo.
Da: L'Erborista, Edizioni Tecniche Nuove Autori: Firenzuoli F. Gori L. Corti G. Centro Clinico di Medicina Naturale-Ospedale S. Giuseppe-Empoli
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