Vaccini dalle Erbe
Foglie di tabacco e pomodori ingegnerizzati: sono le nuove fabbriche di proteine che, in futuro, ci proteggeranno da tumori, infezioni e gravi malattie ereditarie. Piante trasformate in fabbriche di produzione per farmaci e vaccini. Efficienti, inesauribili, sicure, economiche. Se ne parla da una decina d'anni e ora, grazie al lavoro di alcuni ricercatori italiani, l'obiettivo è più vicino. La prima serra trasformata in biofabbrica si trova a qualche chilometro da Roma: è il centro Casaccia dell'Enea, nel cui laboratorio di genomica vegetale crescono un centinaio di piante. Per entrare bisogna superare una pesante porta, dopo di che, fermi in un vano, si viene investiti da un violento getto d'aria: scende dal soffitto e porta via da indumenti, capelli e scarpe il materiale esterno (polvere, insetti e polline) che potrebbe contaminare le piante. Dopo questa energica «spolverata» si entra nella serra dove, in una decina di piccole celle, piante di tabacco e pomodoro nano vengono coltivate su torba e terra, innaffiate e monitorate da una serie di esperti in camice bianco. «È l'unica struttura italiana di livello 2 di biosicurezza» dice Eugenio Benvenuto, responsabile della serra. «Cioè un ambiente in cui la pressione interna è inferiore a quella esterna per eliminare il pericolo che vi siano rilasci nell'ambiente, e dove la serra è dotata di aria condizionata con particolari filtri». Grazie a tecniche di ingegneria genetica, queste pianticelle hanno la capacità di fabbricare particolari proteine. I pomodori, per esempio, producono una proteina regolatoria del virus dell'aids; la speranza è quella di ricavare un vaccino preventivo contro l'hiv, che impedisca l'infezione in persone sane. Una volta che il pomodoro nano è maturato, si potrebbe liofilizzarne il contenuto ottenendo una polverina commestibile che immunizza dall'infezione. Ma se il vaccino per l'aids è, per ora, lontano, alla Casaccia ne hanno uno in fase avanzata di sperimentazione per il cancro alla cervice provocato da un tipo di papilloma virus. Le cellule di questo tumore presentano, sulla superficie, una particolare proteina, la E7. I ricercatori l'hanno inserita dentro un virus della patata, utilizzato come vettore; e hanno poi «infettato» normali piante di tabacco. Queste, in risposta all'infezione, hanno prodotto grandi quantità di E7. Il passo successivo è stato vaccinare, con la E7 ricavata dal tabacco, topi nei quali sono state poi iniettate cellule cancerose. Risultato dell'esperimento (pubblicato su Cancer research insieme all'Istituto superiore di sanità e all'ospedale Regina Elena di Roma): quasi la metà degli animali non ha sviluppato il tumore, e negli altri le sue dimensioni erano limitate. Mentre nei topi non vaccinati, il cancro era più diffuso. «È un risultato importante» dice Benvenuto «perché tutti i precedenti tentativi per ottenere la proteina E7 in cellule di insetto o nei batteri non hanno dato risultati soddisfacenti». Sempre sul tabacco (è una pianta che cresce in fretta e produce foglie molto grandi) stanno lavorando altri ricercatori delle università di Udine e Piacenza. In particolare, a Udine hanno ottenuto un enzima per la cura della sindrome di Gaucher: una grave malattia ereditaria che provoca danni a fegato, midollo osseo e milza. Da poco più di un mese gli scienziati, guidati da Stefano Marchetti, hanno iniziato a coltivare in campo aperto alcune piante transgeniche che accumulano nei semi l'enzima (glucocerebrosidasi) carente nei malati. È l'unico esperimento di questo genere finora autorizzato in Europa, e le piante sono nella prima fase di crescita. In autunno si raccoglieranno i semi da cui estrarre il prezioso enzima. A ottobre i ricercatori proveranno a darlo ad animali di laboratorio; nel 2003 contano di testarlo sull'uomo. Se tutto andrà bene, il farmaco potrebbe essere in commercio nel 2004. A spiegare i vantaggi della produzione di questo enzima in una pianta è Marchetti: «Sono sufficienti 12 chilogrammi di seme per disporre di una quantità di enzima pari a quella che si può ricavare da 40 mila placente umane. Quanto basta a fornire la cura, per un anno di tempo, a tutti i bambini italiani malati». Un altro vantaggio, continua Marchetti, è che i semi producono l'enzima per molti mesi a temperatura ambiente; ciò significa che non è richiesta la catena del freddo per la conservazione e il trasporto. Altro aspetto importante è quello della sicurezza: proteine ed enzimi ricavati da tessuti (umani o animali) richiedono complesse procedure di purificazione. Nelle piante, il problema non c'è. E i costi di estrazione sono molto più bassi. «Lo si capisce facendo un paragone» dice Corrado Fogher dell'università Cattolica di Piacenza. «Coltivare un ettaro di tabacco transgenico costa circa 2.500 euro, estrarre l'enzima dai semi più o meno 10 mila. La stessa quantità, ricavata da placente umane, costa un milione di euro». Passare dalle serre alle coltivazioni in campo aperto richiede comunque cautela. Il primo imperativo è evitare il rischio che il polline passi a colture vicine. «Per quello che riguarda l'enzima glucocerebrosidasi espresso nel tabacco, l'iter di approvazione ha richiesto due anni» precisa Fogher. «Anche se il polline di tabacco percorre pochi metri, perdendo poi vitalità, ci siamo accertati che il campo più vicino fosse a una distanza di oltre 60 km. Dopo il raccolto bruceremo i residui vegetali. E se qualche piantina prodotta da seme caduto germinerà, sarà distrutta». La possibilità offerta dalle serre, in ogni caso, è talmente promettente che è facile prevedere, in futuro, un mercato farmaceutico ricco di molecole estratte dalle piante. In alcuni casi i farmaci esistono già: l'irudina, per esempio, è l'antitrombotico più efficace e viene secreto nelle ghiandole salivarie della sanguisuga; ma oggi si sono studiate altre soluzioni, come ricavarla da batteri ingegnerizzati. Oggi l'irudina viene fornita in grandi quantità da piante di colza, e il medicinale è in commercio. Negli Usa, intanto, altri scienziati stanno lavorando a un vaccino per il morbillo partendo da piante di lattuga, e un altro gruppo sta studiando una protezione per il linfoma prodotto dal tabacco. Non solo: l'immunologo inglese Julian Ma ha ottenuto ottimi risultati nella sperimentazione di un vaccino per la carie espresso nel tabacco; la commercializzazione è prevista nel giro di due anni. Basterà utilizzare uno speciale dentifricio una volta ogni quattro mesi e le carie, nonché il trapano del dentista, saranno solo un ricordo.
Da: Panorama, Autore Gianfranco Bangone
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