ATTIVITÀ TERAPEUTICA GLOBALE DELLE PIANTE MEDICINALI
In contrapposto al principio della molecola pura e farcologicamente attiva, stanno le piante medicinali e le loro droghe, il cui impiego è sempre integrale: di esse, infatti, non si adopera mai un composto chimico puro, isolato in seguito a una serie di operazioni tecnologiche, ma si adopera sempre la droga integrale o le sue preparazioni galeniche. Nel paragrafo precedente abbiamo veduto come, nelle droghe vegetali, gli Autori distinguano comunemente due pani: i "costituenti attivi" e i "costituenti inerti". Questa suddivisione è del tutto arbitraria e ammissibile soltanto ai fini di una sistematica espositiva o di una classificazione didattica. In realtà, la pianta medicinale è un organismo unitario nel quale ogni suo costituente ha una propria ragione di essere nella economia fisiologica della pianta stessa; soltanto ai fini dello sfruttamento umano questo o quel costituente può essere considerato attivo o inerte, utile o insignificante, principale o secondario. Nella economia di una pianta, tutti i suoi costituenti hanno un preciso significato ed esercitano una determinata funzione, e tutte queste funzioni interferiscono tra loro dando luogo, nella loro interazione, al metabolismo della pianta. Ora, se noi isoliamo da una pianta medicinale un suo costituente farmacologicamente attivo privandolo dell'intera corona di costituenti inattivi che lo accompagnano, noi priviamo quel costituente farmacologicamente attivo di tutte le capacità modificative e integrative che Natura gli aveva dato attraverso gli altri costituenti che lo accompagnavano: enzimi, amidi, cere, albumine, mucillagini, gomme, resine, pigmenti, olii essenziali, sali minerali e via dicendo. Il vino, per esempio, è un prodotto naturale derivato. dalla fermentazione del succo d'uva: esso ha proprie qualità organolettiche, proprie capacità nutritive e, perché no, proprie capacità farmacologiche. Ora, se noi dessimo il vino a un chimico-farmaceutico perché ce ne isolasse il principio attivo, egli ci darebbe una certa quandi alcool etilico puro. Ebbene, Voi non mi direte davvero che l'alcool etilico puro, pur essendo il costituente attivo del vino — mentre l'acqua, i sali minerali, i pigmenti e tutto il resto sarebbero i costituenti inerti —, Voi non mi direte davvero che l'alcool etilico può sostituire il vino! Egualmente un principio attivo di una pianta medicinale non può sempre sostituire il complesso costitutivo dei pianta stessa. E non lo può sostituire, perché le sostanze cooddette "inerti" modificano spesso l'assorbibilità, l'attività, la tossicità dei costituenti "attivi". Molti sono gli esempi che si potrebbero citare. Quando dalle piante contenenti sostanze tanniche come dal rizoma della Potentina erecta Hampe (tormentilla), venne isolato il tannino allo stato puro, si pensò di poter sostituire questo principio attivo alla droga polverizza o al suo decotto nella terapia della diarrea: ebbene, ai risultati clinici si osservò che il principio attivo agiva in maniera intensa, troppo brutale, troppo drastica, mentre la droga naturale agiva in maniera più blanda, più graduale più tollerata dai pazienti e risultava, in ultima analisi terapeuticamente più attiva. Qual'era la ragione di questo fatto? Il tannino puro esercitava la sua azione come molecola attiva non corretto da nessun palliativo, mentre nella polvere del rizoma di Potentina erecta Hampe, o del suo decotto, entravano in gioco tutte le altre sostanze "inerti" presenti nella droga — amidi, gomme, resine, sali minerali, ecc. —, sostanze che rallentavano l'assorbimento del principio attivo e lo rendevano più atto a compiere la sua azione terapeutica. Contro la stitichezza, si usano oggi i glucosidi antrachinonici che sono il principio attivo di molte droghe — Aloè ferox Mili. (aloe), Cassia senna L. (senna), Rhamnus frangula L. (frangola), Rheum palmatum L. (rabarbaro) e molte altre specie degli stessi generi —; orbene, nessuno mette in dubbio l'attività di questi antrachinoni i quali, però, assorbiti allo stato puro possono dare assuefazione e disturbi di varia natura, a seconda della sensibilità dei pazienti. La somministrazione di questi principi nell'intera droga in cui essi sono contenuti allo stato naturale, attenua la loro tossicità, ne evita l'assuefazione e ciò per la presenza dei costituenti "inerti" che modificano, graduano, regolano l'azione dei costituenti "attivi". Lo stesso ragionamento vale anche per i preparati contenenti i glucosidi della digitale: dalle foglie della Digitalis purpurea L. (digitale) sono stati infatti separati per via chimica i principali suoi costituenti “attivi”: la digitossina, la gitalina. Questi principii, perfettamente normalizzabili e dosabili, non esercitano tuttavia, l'azione terapeutica completa della foglia di digitale in quanto privi di quei costituenti “inerti” presenti nella foglia della pianta, costituenti che facilitano indirettamente l'espletamento delle attività cardioattive dei glucosidi puri; nelle foglie di Digitalis purpurea L., infatti, oltre ai glucosidi specifici sono presenti saponine — come la digitonina — alle quali si attribuisce la capacità di potenziare l'attività dei glucosidi cardioattivi modificandone la solubilità, e sono presenti sali minerali, che sembrano potenziare l'attività dei glucosidi, come il calcio, o abbreviarne la durata di fissazione sul tessuto cardiaco, come il potassio. Per questi motivi, vi sono ancora cardiologi che preferiscono somministrare ai loro pazienti foglie di digitale polverizzate anziché i singoli glucosidi. Da quanto abbiamo sin qui esposto, ne consegue il principio generale che l'impiego delle piante medicinali intere, o delle loro preparazioni galeniche, danno effetti terapeutici diversi e spesso più complessi di quelli ottenibili con l’uso dei soli principi attivi contenuti in quelle stesse piante
Da: Edizioni OEM - Autore G. Penso
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